Uno studio di Fondazione Cariplo, WeSchool e Politecnico Milano
Milano, 26 gen. (askanews) – Come in tutti gli ambiti della vita contemporanea anche in quello della scuola la digitalizzazione sta giocando un ruolo sempre più importante. Per capire l’impatto di questo cambiamento Fondazione Cariplo, WeSchool e Politecnico di Milano hanno presentato a MEET uno studio che ha cercato di rispondere ad alcune domane: la tecnologia aumenta o diminuisce le disuguaglianze? Il digitale in classe è influenzato da variabili socio-economiche? Quale sarà il ruolo delle IA generative?”Siamo in una situazione – ha detto ad askanews Giovanni Azzone, presidente di Fondazione Cariplo – in cui i ragazzi si trovano a dover affrontare sfide diverse dal passato e con un approccio ai problemi diverso dal passato. Occorre quindi ripensare molto i processi formativi. Da questo punto di vista la tecnologia può essere un grande supporto, però bisogna capire esattamente che cosa la tecnologia può dare. Non è un semplice rifacimento dei procedimenti standard di tipo formativo mettendoci la lavagna elettronica rispetto invece alla lavagna a gesso e schermo nero in qualche modo. Occorre ripensare e per farlo occorrono dei dati, quindi da questo punto di vista i lavori come quello che è stato presentato oggi ci aiutano ad avere una base di conoscenza per progettare il futuro”. Il team di ricerca, sulla base dei dati di WeSchool che hanno riguardato circa 16mila scuole di tutta Italia e 1,7 milioni di utenti tra studenti e insegnati, ha indagato alcuni temi, come quello dell’abbandono scolastico digitale, evidenziando per esempio che in una classe su quattro più del 15% degli studenti ha abbandonato il corso digitale. E, tornando al 2020, le forti disparità di accesso alla didattica digitale sono apparse correlate alle disuguaglianze tra i vari territori del nostro Paese.”Con i dati WeSchool – ha aggiunto Paolo Canino di Evaluation Lab della Fondazione Social Venture Giordano dell’Amore – la risposta che possiamo dare a questa domanda è: purtroppo sì, ci sono state forti diseguaglianze nell’accesso e questo ci dice che qualche qualche studente di scuole localizzate in un contesto più svantaggiato, ha avuto sicuramente più problemi ad accedere a partecipare alla didattica a distanza. Il messaggio che vogliamo mandare oggi è che sarebbe necessario avere un maggiore accesso ai dati per poter fare delle analisi ancora più precise e rispondere a queste domande importanti”. Lo studio ha però evidenziato anche le grandi possibilità che la tecnologia apre al mondo della scuola. “Questa ricerca – ha detto Marco De Rossi, ad di WeSchool – racconta che esiste una correlazione tra le metodologie di didattica innovative, quindi quelle che superano il modello frontale, e l’efficacia della didattica. La tecnologia è solo uno strumento, ma si è affiancato a un modo diverso di insegnare, per questo è fondamentale incentivare i docenti a fare tanta formazione. Crea una didattica molto più inclusiva, perché, essendo più personalizzata, riesce a rispondere alle esigenze diverse di studenti che possono essere molto diversi fra di loro. A che punto siamo in Italia? La situazione è in realtà ancora frammentata. Ci sono docenti che sono molto avanzati in questo e altri che sono ancora vicini al modello frontale”.Ma con quale spirito si deve guardare oggi alla tecnologia in senso più ampio? “Siamo in una fase di grande cambiamento – ha concluso il presidente Azzone – come tutti i grandi cambiamenti di potenzialità ci sembra di essere sempre in un momento drammatico, però poi la storia umana ci racconta di una capacità di incorporare la tecnologia nei processi delle persone”. Nella scuola, come nel resto della società.