Dove gruppi di cittadini possono coltivare erbaggi e verdure
Milano, 18 mag. (askanews) – L’educazione alimentare si fa in campo: a oltre vent’anni dall’avvio del primo orto nelle scuole italiane, lo storico progetto di Slow Food Italia si apre a tutti. Nascono gli Orti Slow Food di comunità, appezzamenti dove i cittadini, riuniti in gruppi locali, possono coltivare erbaggi, verdure e, soprattutto, l’attitudine al cambiamento.
“Gestire un orto – sottolinea la presidente di Slow Food Italia, Barbara Nappini – è il modo più semplice, poetico e concreto per comprendere il significato del termine biodiversità, costruire un corretto rapporto col cibo che ci nutre e col vivente tutto, capire la fondamentale importanza di preservare le risorse necessarie e comuni: suolo fertile e risorsa idrica in primis”.
Sostenuto da UniCredit, il progetto degli Orti Slow Food di comunità “ha l’obiettivo di riunire chi nell’orto vede un’occasione di svago e di scoperta, una pratica collettiva di crescita verso azioni sostenibili in campo, a tavola e più in generale nella quotidianità”. “Ben più di un hobby, benché piacevole e rilassante, un orto può essere un prezioso laboratorio nel quale osservare e scoprire la vita di piante, insetti, microrganismi e batteri invisibili. Un microcosmo nel quale coltivare e imparare: il progetto ha una forte impronta educativa e pedagogica, proprio come gli orti scolastici di Slow Food che oggi coinvolgono più di 400 scuole in tutta Italia” ha spiegato il movimento, ricordando che “in un sistema complesso come quello dell’orto, l’uomo è chiamato a svolgere un ruolo di grande responsabilità, gestendolo in modo rispettoso di tutte le altre forme di vita e sviluppando la sensibilità alla sostenibilità: essere sostenibili significa saper soddisfare i bisogni alimentari di oggi senza compromettere la possibilità di soddisfarli anche domani”.
“Gli orti di comunità possono essere di diverso tipo: urbani, sociali, conviviali, collettivi o terapeutici, tanto per fare qualche esempio, e possono trovarsi all’interno di contesti detentivi, ma anche di strutture ospedaliere, di scuole, di biblioteche” ha messo in luce Slow Food, spiegando che “per entrare a far parte della rete è sufficiente avere un orto su un terreno che può essere di proprietà sia pubblica sia di privati, essere almeno dieci soci Slow Food e aderire alla Carta dei princìpi”. Unendosi alla rete, “si avrà accesso a diversi momenti di formazione: alcuni dedicati agli aspetti agronomici, con consigli e approfondimenti sulle pratiche di coltivazione, altri dedicati a un tema che cambia annualmente”. Non solo: a disposizione dei soci che aderiscono a questa rete, ci sarà uno sportello a cui rivolgere eventuali domande tecniche sulla gestione dell’orto.