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Tony Cokes e Mark Fisher: le parole, la perdita, la politica

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Il racconto di un visual essay al Museion di Bolzano

Bolzano, 29 gen. (askanews) – Un’opera d’arte che restituisce il pensiero di uno dei filosofi del nostro tempo. Mark Fisher è uno dei teorici che più hanno saputo raccontare il presente del capitalismo estremo e la sua lezione torna a manifestarsi con forza dentro un’opera di Tony Cokes, artista americano maestro dei visual essay, esposta al Museion di Bolzano nella mostra HOPE. Le parole scorrono sullo schermo e sono quelle di Kodo Eshun, altro teorico dell’ipercontemporaneo, che ricorda Fisher un anno dopo la sua morte, da suicida, datata 2017. A emergere, mentre si è avvolti anche dalla musica di cui Mark scriveva, è sia la forza del ricordo, sia l’attualità del suo ragionamento, strutturato intorno ad alcuni concetti chiave come l’hauntologia e la scomparsa dei futuri. L’opera di Cokes, che ha una capacità magnetica sorprendente, è tanto un omaggio quanto un oggetto sentimentale dotato di forza e intelligenza propria, che ci porta vicinissimi a Mark Fisher, ma ci offre anche, con le parole di Eshun, le possibilità per andare oltre e continuare a pensare il nostro presente e il nostro stare dentro il sistema. Mark Fisher non c’è più, non è mai stato così vicino e attuale e noi dobbiamo andare avanti senza di lui, tenendolo accanto e pensando che la parola scritta è uno strumento filosofico, politico, ma anche d’arte, come Tony Cokes ci dimostra.

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